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Tuesday, February 10, 2009

IL MIO TESTAMENTO BIOLOGICO

Shalom carissimi,
dopo l'ennesimo caso... dove ancora una volta la cultura della morte ha vinto sulla coltura della speranza e della vita secondo il modello della societa' spartana e nel vedere come l'uomo sempre più decide per Dio..........

Io il sottoscritto Selva Davide nato a Sesto San Giovanni (MI) il 22/09/71
desidero dichiarare a voce alta su queste pagine del mio blog che:
dal 2000 ho ceduto la mia vita a Cristo Gesù mio padre eterno che vuole e conosce il meglio per me e a lui affido ogni mia sorte!
Pertanto in casi di comi, SLA o situazioni vegetali permanenti simili a Eluana,Welby e tanti altri, nessun medico,scienziato,politico,uomo e parente può decidere al posto di Dio se prolungare in eccesso la mia vita o terminarla prima che si completi la volontà di Dio per me.
Dio dall'alto della sua giustizia saprà curarmi guarirmi e darmi la forza per vivere in ogni condizione, glorificando il suo nome fino al termine naturale posto da Dio, e alla fine chiamarmi nella sua casa.
secondo la sua parola:

"Per tutte le cose c'è un tempo fissato da Dio
1 Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: 2 un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato; 3 un tempo per uccidere e un tempo per guarire; un tempo per demolire e un tempo per costruire; 4 un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare; 5 un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle; un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; 6 un tempo per cercare e un tempo per perdere; un tempo per conservare e un tempo per buttar via; 7 un tempo per strappare e un tempo per cucire; un tempo per tacere e un tempo per parlare; 8 un tempo per amare e un tempo per odiare; un tempo per la guerra e un tempo per la pace." (Ecclesiaste3:1-15)

Grazie allo Spirito Santo che è in me Gesù mi ha dato la libertà di non aver paura di vivere fino a che ci sia speranza di Dio e di non aver paura di morire perché chi crede in Gesù ha vita eterna

"Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c'è lo Spirito del Signore, lì c'è libertà." (2Corinzi3:17) "affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna." (Giovanni 3:15 )

Sia fatta la Sua volontà su di me!
Davide (Giobbe3787)

3 comments:

  1. Oggetto: Hoo ricevuto e inoltro, per riflettere...

    Morire è un diritto. Parola di Hitler

    di Antonio Gaspari
    Il programma di eutanasia voluto dal governo nazista si tradusse nell’assassinio di 275mila persone, di cui seimila bambini. E oggi parole d’ordine e propaganda ricalcano precisamente quelle diffuse dal Terzo Reich.
    [Da «il Timone» n. 60, febbraio 2007]
    Se al giorno d’oggi provate a sostenere che l’eutanasia è un crimine contro l’umanità e che a legalizzare la morte dolce si rischia una deriva morale come quella che vigeva sotto il regime nazista rischiate di ricevere critiche, richiami, accuse, insulti, richieste di dimissioni, come è successo e l’onorevole Carlo Giovanardi, quando era ministro dei Rapporti con il Parlamento. Nel marzo del 2006 l’esponente dell’UDC (oggi-2009- esponente PDL e membro del Governo ndr), commentando la decisione olandese di permettere la pratica dell’eutanasia anche ai bambini, ha sostenuto che «la legislazione nazista e le idee di Hitler in Europa stanno riemergendo». L’allora ministro parlò di «selezione eugenetica, che parte sin dall’inizio eliminando i bambini down, quelli talassemici o quelli che, già venuti al mondo, non hanno la dignità di vivere perché non sono perfetti. Se poi l’applichiamo anche agli anziani, questo è nazismo».
    Esagerato? In realtà, se si vanno a studiare più attentamente le argomentazioni, i motivi e la propaganda con cui Hitler impose la pratica massiccia dell’eutanasia, si scopre che le "parole d’ordine", i concetti e gli esempi utilizzati oggi dalla lobby favorevole alla "morte dolce" sono molto simili a quelli utilizzati dai medici nazisti.
    Riprendendo concezioni originate e diffuse dalle Società Eugenetiche in voga nei primi decenni del XX secolo, l’eutanasia venne considerata dal regime nazista una pratica pietosa per eliminare le cosiddette Lebensunwertes Leben, "vite indegne di vita".

    Già nel 1924-25 Adolf Hitler scrisse nel Mein Kampf: «Se non c’è più forza per combattere per la propria salute, il diritto a vivere viene meno». E nelle conversazioni condotte fino al 1931 con Hermann Rauschning, allora presidente del Senato di Danzica, Hitler ha detto che la «pietà conosce una sola azione: lasciar morire i malati».
    Con una lettera firmata di suo pugno il primo settembre del 1939 Hitler scrisse: «Il Reichsleiter Philip Bouhler (Capo della Cancelleria di Stato ndr) ed il Dottor Karl Brandt (medico personale di Hitler ndr), sono incaricati a conferire a singoli medici i poteri necessari affinchè a pazienti giudicati incurabili secondo il miglior giudizio umano disponibile sia concessa una morte pietosa» Da quel momento la macchina della "dolce morte" entrò a pieno regime. Prove fornite al processo di Norimberga (1945-1946) stimano che con l’eutanasia furono assassinati 275.000 individui, tra cui Seimila bambini. Le vittime furono assassinate in camere a gas, camuffate come locali da bagno, per mezzo di monossido di carbonio emesso da bombole di gas. Per far accettare il programma di eutanasia, la macchina della propaganda nazista cominciò a produrre film. I manicomi dove avveniva l’eliminazione vennero presentati come splendidi luoghi di cura, con interni di lusso, meravigliose vedute, trattamento superbo. Nello stesso tempo vennero diffusi cortometraggi che riprendevano individui repellenti, malati terminali e sofferenti, individui deformati dalle malattie, con l’idea di mostrare condizioni indegne di vita. Nel 1941 venne diffuso il film Ich klage an (lo accuso) in cui si racconta di un professore di patologia, Heyt, sposato con la giovane Hanna, la quale è malata di sclerosi multipla. Heyt si sforza di curare Hanna, ma ad un certo punto decide di aiutare la moglie a morire. Il fratello di Hanna denuncia Heyt per omicidio. Ma nel corso del dibattito in tribunale i sei giudici concludono che la legge deve essere cambiata per permettere l’eutanasia. Nel film l’ex sindaco della città dove si svolge il dramma prende la parola e dice: «...Per quanto riguarda coloro che desiderano morire perché un tempo sono stati sani e ora non ce la fanno più, ebbene io credo che lo Stato, che ci impone il dovere di morire, debba anche darci il diritto di morire».
    Il film fu visto da 18 milioni di persone. Il servizio di sicurezza di Hitler raccolse le reazioni e stilò un lungo rapporto in cui sottolineava che la gente aveva accettato sia pure con qualche riserva che le persone affette da gravi malattie incurabili devono poter avere una morte rapida sanzionata dalla legge». Il rapporto dei servizi di sicurezza rilevava che l’unica vera opposizione contro il film e contro l’eutanasia veniva dalla Chiesa Cattolica. A questo proposito l’allora vescovo di Munster, Clemens August Von Galen (beatificato il 9 ottobre 2005), denunciò aspramente il programma di eutanasia. Nella predica del 3 agosto 1941, Von Galen tuonò: «Se anche per un’unica volta accettiamo il principio del diritto a uccidere i nostri fratelli improduttivi - benché limitato in partenza solo ai poveri e indifesi malati di mente - allora in linea di principio l’omicidio diventa ammissibile per tutti gli esseri umani. (...) È impossibile immaginare quali abissi di depravazione morale e di generale diffidenza perfino nell’ambito familiare toccheremmo, se tale orribile dottrina fosse tollerata, accettata, messa in pratica». La predica di Von Galen venne riprodotta su volantini e diffusa dagli aerei della Royal Air Force britannica. Solo la grande popolarità di cui il prelato godeva impedi ai nazisti di impiccarlo.

    La storia evidentemente tende a ripetersi: nel numero speciale di fine 1996 dedicato al 50esimo anniversario del processo di Norimberga ai medici nazisti, il Britisn Medical Journal riportava un commento di Hartmut Hanauske-Abel della Cornell University di New York, che così diceva: «Ciò che è avvenuto nel 1933 in Germania può accadere ancora, in Europa e in Nord America. L’ethos della medicina non è saldo e immutabile, ma soggetto a distorsioni da parte delle forze politiche e sociali, e dalle applicazioni devianti della scienza e della tecnologia». Ancora più chiara Alice Ricciardi von Platen, autrice del libro Il nazismo e l’eutanasia dei malati di mente, in cui spiega: «In quest’epoca difficile un numero spaventoso di giovani medici e avvocati sostengono a quattrocchi la pratica dell’eutanasia, sia pure eseguita sotto il controllo dello Stato in condizioni diverse da quelle del Terzo Reich. (...) Anche l’opinione pubblica, in ambienti liberi da influenze confessionali, rimane favorevole in molti casi alla liberazione dei malati di mente dalla loro vita ormai priva di valore. La propaganda nazionalsocialista ha impresso fortemente nelle coscienze questo modo di pensare e la vita pubblica attuale non offre alcun modello concreto contro i sostenitori del diritto dei più forti. Modificare questa concezione dei malati di mente e più in generale dei malati sarà un lavoro di generazioni, un compito che solo la diversa considerazione dell’uomo potrà realizzare».
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    «Siamo di fronte a una follia omicida senza eguali. Con gente come questa, con questi assassini che calpestano orgogliosi le nostre vite, non posso più avere comunanza di popolo!». (Clemens August Von Galen, vescovo di Munster, Omelia del 3 agosto 1941).

    Bibliografia

    Mlchael Burlelgh-Wolfgang Wippennann, Lo stato razziale - Germania 1933/1945, Rizzoli, 1992.
    Alice Ricciardi von Platen, Il nazismo e l’eutanasia dei malati di mente, Editrice Le Lettere, 2000.Henry Friedlander, Le origini del genocidio nazista, Editori Riuniti, 1997.
    Stefania Falasca, Un vescovo contro Hitler, San Paolo, 2006.
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  2. Eluana, dibattito in campo evangelico
    Inserita il 11/2/2009 alle 19:18 nella categoria: Dall'Italia
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    MILANO - La storia di Eluana Englaro e i relativi sviluppi etici e politico-legislativi hanno scosso la coscienza collettiva e portato a una profonda riflessione anche in campo evangelico.
    Il Centro studi di etica e bioetica (Cseb) dell'Ifed e il Dipartimento di ricerche e studi (Dirs) dei Gruppi biblici universitari hanno tratto spunto dalla vicenda per condividere alcune considerazioni ed esprimere solidarietà nei confronti della famiglia Englaro. Comune è l'apprezzamento verso l'atteggiamento che il Capo dello Stato ha mantenuto nel corso del dibattito politico che la circostanza ha provocato, diverso l'approccio alla delicata materia del "fine vita".
    Secondo il Cseb un intervento legislativo che vieta l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiali è «un'indebita ingerenza dello Stato in uno spazio decisionale che, al contrario, può e deve essere lasciato alla responsabilità dei cittadini, nel rispetto del pluralismo delle convinzioni». Il Centro studi di Padova auspica «una discussione aperta a tutte le componenti della società (compresa quella evangelica)», deplora «che la costruzione di un'etica responsabile da parte della cultura italiana sia continuamente inibita da interventi del magistero cattolico che, pur tentando di non apparire prevaricatori, bloccano la riflessione piegando coscienze a pressioni inaccettabili» e ribadisce che «solo un'etica in grado di collegare le norme morali alle situazioni particolari e alle legittime convinzioni personali può trovare un punto di equilibrio virtuoso di fronte alle scelte gravose che le sfide della bioetica presentano».
    Proprio per la complessità del tema della nutrizione e dell'idratazione artificiale, il Dipartimento di ricerche e studi del Gbu auspica invece che lo Stato si chieda «fino a che punto ha la competenza di entrare nella sfera del privato» e quale sia il confine da non valicare «per evitare un controllo biopolitico dei cittadini e garantire la libertà di coscienza», pur ricordando che «dobbiamo permettere a Dio di essere Dio: dobbiamo accogliere il suo richiamo a tutelare la vita in tutte le sue forme, soprattutto in quella che porta la sua immagine, sapendo che renderemo conto del modo in cui lo abbiamo fatto, non solo al suo sorgere o al suo tramontare, ma anche nel suo sviluppo. E dobbiamo permettere a Dio, in secondo luogo, di esercitare le sue prerogative di dare e togliere la vita».

    «Un giusto atteggiamento - conclude il comunicato del Dirs - si esprime allorquando donne e uomini, anche avvalendosi di tutta la sapienza che l’umanità ha accumulato, non dimenticano che il loro riferimento ultimo sulla vita e sulla morte è il Dio della Bibbia. Come cristiani evangelici da un lato sentiamo forte l’appello a non poter disporre completamente della nostra vita per il semplice fatto che non ne siamo i creatori, dall’altro lato scrutiamo con umiltà la complessità del problema».

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  3. dall'associazione risvegli possibili vi pubblico questa riflessione buona lettura
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    Risveglio possibile

    I casi più clamorosi di "rinascita" in ambito medico sono indubbiamente i risvegli dal coma. Un tema, però, dove spesso si assiste a fraintendimenti anche gravi, vista la facilità di confondere le situazioni da cui non c'è ritorno e quelle in cui è logico aspettarsi la ripresa del paziente.
    Che cos’è il coma
    Le definizioni sono molte, simili tra loro ma quasi mai univoche. Secondo gli esempi più comuni, il coma è la prolungata perdita di coscienza con conservazione, più o meno completa, delle funzioni vitali; oppure uno stato di non responsività da cui il paziente non può essere risvegliato. I clinici, invece, lo definiscono come perdita della coscienza, della motilità spontanea e della sensibilità, accompagnate da alterazioni delle funzioni vitali (respirazione, pressione, attività cardiaca). Il paziente in coma appare come addormentato, ma non è possibile svegliarlo (come si potrebbe fare come una persona che dorme), perché non è cosciente e, quindi, non risponde agli stimoli che gli vengono inviati. Questa è una spiegazione generica, tuttavia il coma è uno stato molto complesso che può coinvolgere numerose strutture. Una prima classificazione prevede 4 stadi di "profondità" da superficiale a profondo, a seconda di quali e quante funzioni risultano compromesse al momento della diagnosi. Il sistema nervoso centrale (cervello) comanda tutte le funzioni dell’uomo: dalle capacità mentali a quelle motorie, inclusi lo stato di veglia, la coscienza, la respirazione e il battito cardiaco. Lo stato di veglia è controllato dal sistema reticolare attivatore (RAS, che connette il tronco encefalico con mesencefalo e talamo), un insieme di nuclei neuronali situati in profondità, nelle aree primitive del cervello. Questo sistema è in grado, in maniera del tutto automatica, di mantenere le funzioni vitali essenziali perché regola la pressione arteriosa, il ritmo cardiaco, la respirazione, l’assorbimento e la digestione dei cibi, il ciclo sonno-veglia.
    La coscienza, invece, è controllata dagli emisferi cerebrali, dove risiedono le aree evolute, deputate all’orientamento temporo-spaziale, alla memoria, ai movimenti volontari. Quando la corteccia cerebrale funziona l’individuo è nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, quando funziona solo il RAS si parla di coma vigile: il paziente può aprire gli occhi e compiere dei movimenti automatici, ma non comunica in nessun modo con l’ambiente circostante. Tra questi due estremi si declinano tutte le possibili varianti dello stato comatoso e il risveglio del paziente avviene gradualmente, attraverso l’acquisizione di livelli sempre maggiori di coscienza.
    Reversibile, non sempre
    In genere il coma dura alcuni giorni o settimane, il tempo necessario perché il cervello reagisca al trauma subito e ristabilisca la sua integrità. Questo è l’iter potenziale ma, purtroppo, non è sempre un percorso obbligato: il risveglio può essere accompagnato da deficit funzionali (motori, sensoriali, cognitivi) non reversibili, anche se adeguate terapie riabilitative possono migliorare la qualità di vita del paziente. Nei casi peggiori, invece, quando si parla di coma irreversibile, la prognosi è negativa: il risveglio non è possibile. In questi casi i danni subiti sono talmente gravi da non essere compatibili con la vita, quando viene compromesso anche il RAS, infatti, l’organismo non sopravvive a lungo, nemmeno con l’ausilio dei macchinari. Per fugare qualsiasi dubbio, va sottolineato che sono molti i parametri valutati, prima di porre la diagnosi di coma irreversibile, anche se i più noti sono certamente la reattività pupillare e l’attività elettrica cerebrale (il cosiddetto elettroencefalogramma piatto). In tutti gli altri casi il coma viene oggi considerato come una patologia da curare, impiegando soprattutto le moderne tecniche di stimolazione sensoriale e motoria, in modo da facilitare il ritorno allo stato cosciente.
    I traumi
    Il coma è sempre la conseguenza di un trauma cerebrale, cioè di un evento che ha privato alcune aree del regolare apporto di ossigeno e zucchero, compromettendone il funzionamento. Le cellule del cervello, contrariamente a quelle di molti altri distretti, non hanno grandi scorte di glucosio e, dato il loro elevato metabolismo energetico, in assenza di ossigeno (anossia) si “spengono” dopo soli 2 minuti. Questo è anche il motivo per cui un repentino calo della pressione arteriosa porta allo svenimento: una perdita di coscienza non grave e di breve durata. Lo stato di coma può insorgere per un danno organico diretto (intrinseco), che si verifica all’interno del sistema nervoso centrale, oppure in seguito a un’intossicazione dell’organismo. Tra le cause intrinseche: commozione cerebrale da trauma meccanico (colpo in testa); infezioni (meningite, ascesso, encefalopatia); ischemia da trombo o embolo; tumori. Le intossicazioni a loro volta possono essere dovute a fattori esterni, come avvelenamenti da farmaci o da biossido di carbonio, oppure a patologie pre-esistenti che alterano il metabolismo (coma metabolico). Tra le malattie che possono causare uno stato di coma: diabete mellito, insufficienza epatica, insufficienza renale, infarto acuto del miocardio, ipoglicemia, insufficienza endocrina (tiroidea, surrenalica, ipofisaria), malattie polmonari che inducano ipossia (carenza di ossigeno nel sangue)

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