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Wednesday, January 31, 2007

Shalom amici e fratelli,


Dopo tanta televisione piena di spazzatura, odio, ipocrisia, falsita' e tanta morte...

finalmente, grazie a Dio, ho potuto assistere a 10 minuti di buona televisione dove si e' parlato di speranza e di voglia di vivere.

Infatti circa ai primi di gennaio mi sono imbattuto in una rubrica del tg2 www.tg2.rai.it, in onda dopo il tg della sera di nome appunto 10 minuti, dove era ospite del conduttore e intervistatore Maurizio Martinelli (lo ringraziamo con tutto il cuore) colui che viene definito l'anti -Welby per eccellenza. Cioe' il dott. Mario Melazzini sposato, padre di 3 figli.
Nato a Pavia nel 1958 e' presidente dell'AISLA. www.aisla.it medico chirurgo specializzato in oncologia. Si occupa anche di medicina del lavoro. Da circa due anni è affetto da SLA (Sclerosi laterale amiotrofica) la stessa malattia di Welby (vedi post. del 22/12/06) ma nonostante cio' Mario continua a esercitare la sua professione di medico alla fondazione Salvatore Maugeri di Pavia

Sostazialmente il dott. Mario nella sua intervista a 10minuti ha affermato che la morte non e' un diritto ma un fatto! e si e' lamentato della difficolta' in questa societa' di esprimere e valorizzare chi ama vivere la vita e in questa tv far sentire la voce di chi vuol gridare alla vita dando invece molto piu' spazio a scene e testimonianze di morte. Il dott. Mario ci confessa che all'inizio della sua malattia penso' anche lui di morire ma poi inizio' a leggere il libro di Giobbe (vedi post. del 13/11/06) e cambio idea.

Gloria a Dio non posso che esser felice di cio' e ringrazio Dio e il dott. Mario Melazzini per questa nuova e altra preziosa testimonianza di come Dio non ci abbandona e puo' ridare la Vita.


Per concludere desidero pubblicare questa altra intervista scovata nel web fonte Famiglia Cristiana

Grazie Dio ci benedica



EUTANASIA: LA TESTIMONIANZA DI MARIO MELAZZINI, ONCOLOGO, MALATO DI "SLA"


LA VITA FINO IN FONDO


La sclerosi laterale amiotrofica lo ha quasi paralizzato. Ma ancora lavora in ospedale e gode dell’affetto dei suoi. In passato ha avuto la tentazione di "farla finita". Ma poi ha letto il libro di Giobbe...


Gli occhi sono lo specchio dell’anima, recita il detto. La biografia di un uomo traspare da questi due piccoli diamanti incastonati nel viso molto più che da mille parole. Varrebbe la pena per chiunque penetrare quelli azzurri di Mario Melazzini, primario oncologo, carisma da vendere, anzi da regalare a chiunque lo avvicina, biografia asciutta come il suo fisico, nonostante la sclerosi laterale amiotrofica, in gergo medico "Sla", che lo ha reso ormai quasi completamente paralizzato. Malattia tanto difficile nel nome e nella diagnosi quanto facile da pronosticare nell’esito, fatale in 4 o 5 anni di progressiva perdita del controllo di tutti i muscoli del corpo.
Classe 1958, lineamenti decisi, un uomo ancora affascinante. Montanaro della Valtellina, come il padre, ma nato a Pavia, dove lavora e vive con la moglie Daniela, la "fortuna della mia vita", come ama definirla, conosciuta quando era giovanissimo, e sposata a 26 anni, i figli Federica, laureanda in Medicina, che ha seguito le orme del padre, Michele, 18 anni, un futuro da ingegnere, e Nicolò, di 12, occhioni scuri da cucciolo che scruta il mondo con la curiosità di chi ha ancora tutto da scoprire. Mario Melazzini risponde alle domande dalla posizione per lui meno faticosa, coricato dal letto di casa sua, che si permette dopo la faticosa mattinata in ospedale passata a seguire, in carrozzella, i pazienti in trattamento oncologico.


1) Come era la sua vita prima di scoprire la malattia?


«Mi sono laureato a 24 anni, poi subito il lavoro, guidato da autentici maestri di vita, oltre che clinici straordinari, come il professor Storti e altri, che hanno incanalato subito la mia vita professionale. Al lavoro mi sono dedicato anima e corpo non senza grandi soddisfazioni, come quando a 39 anni sono diventato primario. Per tutto questo mi considero un medico fortunatissimo».


2) E poi che cosa è successo?


«Avevo quasi 44 anni quando cominciai ad avere i primi problemi. Ormai eravamo avviati anche come famiglia, avevamo comprato la casa, con sacrifici, erano nati i nostri figli. Fisicamente stavo bene, facevo molto sport. All’improvviso cominciai stranamente a trascinare la gamba sinistra, ma passò qualche mese perché mi mettessi a fare i primi esami. Noi medici di fronte ai nostri mali o ci facciamo subito "accanimento diagnostico" o rimandiamo "sine die" il problema. Due modi diversi di vivere la paura. Ci sono voluti molti mesi per arrivare alla diagnosi esatta: il medico, prima di fartela, vuole la massima certezza, perché esistono molte malattie che presentano sintomi analoghi ma che, a differenza della mia, sono curabili. Nonostante la già conclamata parziale inabilità, ricordo che la mia vita è davvero cambiata quando andai a Padova dal professor Angelini, che mi disse: "Caro Melazzini, lei ha la Sla". Ero con Daniela e Ron, il cantante, il mio amico fraterno di sempre. In quel momento compresi che dovevo fare i conti seriamente con la mia malattia».

3) Quali furono le sue reazioni?


«Mi buttai nel lavoro, in forma quasi patologica, credo per rimuovere il male. Soprattutto rifiutai i miei cari, mia moglie in primis, ma anche gli amici. L’unico che con dolce violenza discreta non mi ha lasciato andare è stato Ron. Poi mi sono attaccato a un mio carissimo amico padre Silvano Fausti, con il quale mi sono aperto nella mia disperazione».

4) Quanto ha inciso la sua fede in questa vicenda?


«Sono stato sempre credente, fin dai tempi dell’oratorio. Anche nella mia vita in ospedale non mi sono mai negato i miei 15 minuti di preghiera, anche solo per sedermi e pensare alla giornata. Penso onestamente di non saper pregare né capisco molto di Sacra Scrittura. Ma questo importava poco a Silvano, che mi ha accompagnato semplicemente ascoltandomi. Non mi ha mai dato consigli. Ero molto arrabbiato, rifiutavo di essere prigioniero di un corpo che non mi apparteneva più. Ho pensato al suicidio assistito».

5) Eutanasia?


«Non proprio. Ho contattato una clinica svizzera che, fatti i dovuti accertamenti, ti ricovera e ti procura il "farmaco", che tu poi ti somministri. È un suicidio, insomma. Il protocollo è rigido, da chi ti accompagna a chi ritira il cadavere. Uno squallore. Silvano mi consigliò di prendermi del tempo, di andare a Livigno, in montagna. Mi affidò la sua Bibbia e mi disse di leggere il libro di Giobbe. La cosa che ho capito di quel racconto è che Giobbe alla fine aveva compreso l’essenza dell’esistere, che cioè vale la pena di vivere la vita fino in fondo, nonostante tutto. Lì accettai per la prima volta la carrozzina e l’aiuto degli altri».


6) Che cosa le ha insegnato la sofferenza nella sua vita?


«Una malattia come questa, come tante altre di tipo invalidante, è solo tua perché è dentro di te, ma in realtà grava su tutta la famiglia. Esiste certo la dimensione, terribile, della solitudine. Ma piano piano scopri che, ad esempio, l’aver bisogno delle persone ti dimostra che esisti, che nonostante tutto è bello vivere. Certo non è facile questo cammino di esodo dalla propria solitudine, ma può essere favorito da un corretto percorso di malattia condiviso con il medico in modo chiaro lungo il decorso, per prendere decisioni comuni e personalizzate, fino alla morte. Se sarà così, non si parlerà più di accanimento terapeutico e non ci saranno più richieste di eutanasia».

7) Ha paura della morte?


«No, non credo. Sento che la vita non finisce qui. La morte, nonostante tutto, credente o non credente, è un passaggio».


L’ultima scena della nostra intervista ha per protagonista il ciuffo ribelle di Mario, che con ostentazione scende vanitoso e impertinente sulla sua faccia, quasi a ricordare a tutti che, nonostante tutto, è ancora un bell’uomo. Soccorre amorevole Daniela, che richiama all’ordine l’insubordinato ricollocandolo con delicatezza al suo posto, con uno degli infiniti gesti d’amore quotidiano che parlano, anche loro, come gli occhi di Mario Melazzini, più di mille parole.

Saturday, January 27, 2007







Shalom amici e fratelli,
circa 2 sabati fa' sono stato stato alla fondazione Castellini di Melegnano www.fondazionecastellini.it a ritirare alcune anzi molte carozzine e pezzi di ricambio con Cristian Lincetti, un fratello della chiesa bethel di Milano che ha messo a disposizione il suo camion.

Dovete sapere che era piu' di un mese che mi prodigavo alla ricerca di un furgone per andare appunto a Melegnano ma niente da fare per un motivo o l'altro non si trovava un furgone cosi' cominciavo un po' a disperarmi.... ma all'improvviso sul piu' bello pensai di contattare Cristian un fratello della bethel, avevo sentito che lavorava per una ditta di trasporti cosi' lo contattai e ci accordammo subito per il sabato stesso .

Cristian arrivo' con il suo camion un mostro di 90 quintali mi sembro' subito una cosa esagerata ma gloria a Dio non fu' cosi' dato che grazie alla disponibilita' e alla gentilezza della fondazione riempimmo il camion di carozzine e materiale utile per i ricambi che portammo a Monza dal fratello e socio jaf Ambrogio il quale si adopera alla pulitura e riparazioni delle carozzine che invieremo questa estate alla fondazione Gesu' ama l'Albania di Marikaj .
In questa giornata ho imparato che Dio e' fedele, che nel momento dello scoraggiamento Gesu' interviene sempre e che per ogni piccola cosa che si voglia organizzare bisogna prima consultare e chiedere la volonta' del Signore che ha sottomano ogni situazione, infatti il furgone non sarebbe bastato.
infine ringrazio con tutto il cuore a nome dei ragazzi Albanesi Cristian per aver messo a disposizione il suo camion e una giornata di lavoro, la fondazione di Melegnano e i ragazzi del magazzino riparazioni per la loro disponibilita' e simpatia, Ambrogio per la passione che ci mette nel riparare e pulire queste carozzine.
Sono certo che avremo altre occasioni di collaborare insieme per questi ragazzi e per tutti coloro che ne avessero bisogno.
grazie Dio vi benedica

Tuesday, January 16, 2007


ciao a tutti

grazie davide per l'invito

che DIO TI BENEDICA GRANDEMENTE

Con il tuo esmpio Mi aiuti a perseverare nelle VIE DEL SIGNORE

GRAZIE MICHELE

Monday, January 08, 2007

Shalom amici e fratelli,
Dopo l'opportuna traduzione di Francesco (socio jafitalia di Parma) pubblichiamo la lettera di auguri inviateci da Joni Earekson Tada (leggi la sua testimonianza nel post del 13/10/06)

Buon anno!
A un certo punto, il pomeriggio del primo giorno dell'anno, guradando fuori dalla finestra della nostra camera da letto con vista sulla baia, mi sono ritrovata a contemplare l'anno che arrivava e tutte le sue incredibili opportunità. Sì, sono sulle spine per il prossimo trasferimento di Joni and Friends nel nuovo Centro Internazionale per la Disabilità, e sì, ci saranno persone che arriveranno per i Ritiri e team di Wheels for the World che partiranno, ma io pensavo ad un diverso tipo di "opportunità": ad una personale. Come te, voglio che il Signore mi faccia fare un salto di qualità nel 2007 -- Voglio che la mia fede cresca, che la mia ubbidienza sia più veloce, che la mia gioia in Lui sia più evidente. Per questo mi sono presa l'impegno di imparare a memoria questa breve citazione che un amico mi ha mandato durante le feste. E' di William Law, uno scrittore cristiano del '600:
"Ricevi ogni prova interna ed esterna, ogni delusione, dolore, disagio,
tentazione, oscurità e desolazione con entrambi le mani, come una vera
opportunità ed occasione benedetta di morire a tè stesso e di entrare in una
comunione più piena con il tuo umile e sofferente Salvatore. Non vedere
alcuna prova interna od esterna in nessun altro modo. Rigetta ogni altro
pensiero al riguardo. Ed ogni tipo di prova e fatica diventerà il giorno
benedetto della tua prosperità. Questo è lo stato migiliore, quello in cui
si esercita la massima fede, e la piena resa a Dio."



Dato che nel 2007 saranno 40 anni che sono sulla mia sedia a rotelle, sono abbastanza realistica da sapere che avrò davanti delle sfide. Per questo le parole di William Law mi sono utili, e spero lo siano oggi anche per te. Sono certa che vorrai unirti a Ken e a me nel ricevere dal Signore tutte le cose con mani aperte, i palmi in su. Dopotutto, le compassioni di Dio si rinnovano ogni mattina e grande sarà la Sua fedeltà nei mesi a venire. E' lo stesso messaggio che condividerò con le persone disabili per tutto l'anno -- e sono onorata di lavorare di fianco a te attraverso Joni and Friends.
Avanti e in alto!
Joni